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Progetto Raman Mieloma
La spettroscopia Raman costituisce una tecnica consolidata per lo studio di campioni tissutali umani e per l’analisi e l’identificazione di cellule batteriche e virali. Meno comune è l’impiego per la valutazione di singole cellule. L’analisi dello spettro Raman, la possibilità di identificare una gerarchia degli spettri Raman ed ottenere una clusterizzazione degli stessi, permette non soltanto di identificare il tipo cellulare ma potrebbe persino consentire di stabilire lo stato metabolico delle cellule esaminate.
Recentemente diversi studi sono stati condotti per la valutazione delle neoplasie della testa e del collo, del carcinoma orale, dell’esofago, della mammella e per lo studio di altre patologie oncologiche e loro trattamento terapeutico. Come è ben noto nel panorama biomedicale, uno dei problemi fondamentali nell’impiego di specifici farmaci per il trattamento del mieloma multiplo è costituito dalla impossibilità di predizione della risposta ai farmaci stessi dato che la risposta individuale è del tutto imprevedibile, e che una condizione di resistenza può essere messa in evidenza solo dopo un trattamento terapeutico prolungato, con un significativo ritardo nell’implementazione di una terapia realmente efficace e con l’inutile esposizione del paziente ad effetti collaterali anche gravi (neuropatia, eventi trombotici, neutropenia e piastrinopenia, ecc.).

Scopo degli studi, condotti negli ultimi anni da un gruppo interdisciplinare di ricercatori dell’Università di Messina, è quello di identificare spettri Raman di cellule provenienti da colture diversamente sensibili a specifici farmaci utilizzati per il trattamento del mieloma multiplo. Si intuisce facilmente il potenziale traslazionale della ricerca condotta dal gruppo di ricercatori: l’analisi delle cellule del paziente mediante spettroscopia Raman permetterebbe, in tempo reale, di identificare i pazienti resistenti ai singoli farmaci. Si avrebbe dunque la possibilità di impiegare farmaci sicuramente efficaci, di ridurre il tempo di intervento sulla malattia, di contenere gli effetti collaterali, di non esporre il midollo del paziente a inutili eventi citotossici e di permettere dunque una ottimale raccolta di cellule staminali midollari per l’esecuzione di eventuale autotrapianto, consentendo infine di ottimizzare le risorse.

Bibliografia corrente sull’argomento sopra descritto

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